Didone abbandonata, Venezia, Rossetti, 1725

 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Appartamenti reali con tavolino.
 
 IARBA, poi ARASPE
 
 IARBA
 Sol per pochi momenti
 modero ancora i miei furori. Indegno
575t'offerisci al mio sdegno e non paventi?
 Temerario per te
 non cadde Enea dal ferro mio trafitto.
 ARASPE
 Ma delitto non è.
 IARBA
                                  Non è delitto!
 Di tante offese ormai
580vendicato m'avria quella ferita.
 ARASPE
 La tua gloria salvai nella sua vita.
 IARBA
 Ti punirò.
 ARASPE
                      La pena
 benché innocente io soffrirò con pace,
 che sempre è reo chi al suo signor dispiace.
 
 SCENA II
 
 SELENE e detti
 
 SELENE
585Chi sciolse i lacci tuoi? Qual folle ardire
 nella regia ti guida? E non paventi
 dell'offesa regina i sdegni accesi?
 IARBA
 Solo a farmi temer finora appresi.
 SELENE
 Solo a farsi temer! Quell'empio core
590odio mi desta in seno e non paura.
 IARBA
 La debolezza tua ti fa sicura.
 
    Leon, ch'errando vada
 per la natia contrada,
 se un agnellin rimira
595non si commove all'ira
 nel generoso cor.
 
    Ma se venir si vede
 orrida tigre in faccia
 l'assale e la minaccia,
600perché sol quella crede
 degna del suo furor. (Parte)
 
 SCENA III
 
 SELENE ed ARASPE
 
 SELENE
 Chi fu che all'inumano
 disciolse le catene?
 ARASPE
 A me bella Selene il chiedi invano.
605Io prigioniero e reo,
 libero ed innocente in un momento
 sciolto mi vedo e sento
 fra' lacci il mio signore, il passo muovo
 a suo pro nella regia e vel ritrovo.
 SELENE
610Ah contro Enea v'è qualche frode ordita.
 Difendi la sua vita.
 ARASPE
                                      È mio nemico.
 Pur se brami che Araspe
 dall'insidie il difenda
 tel prometto. Sin qui
615l'onor mio nol contrasta
 ma ti basti così.
 SELENE
                                Così mi basta. (In atto di partire)
 ARASPE
 Ah non toglier sì tosto
 il piacer di mirarti agli occhi miei.
 SELENE
 Perché?
 ARASPE
                  Tacer dovrei ch'io sono amante
620ma reo del mio delitto è il tuo sembiante.
 SELENE
 Araspe, il tuo valore
 il volto tuo, la tua virtù mi piace
 ma già pena il mio cor per altra face.
 ARASPE
 Giacché amar non mi puoi,
625soffri almen la mia fede.
 SELENE
 Sì, ma da me non aspettar mercede. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 ARASPE
 
 ARASPE
 Tu dici ch'io non speri
 ma nol dici abbastanza.
 L'ultima che si perde è la speranza.
 
630   L'augelletto in lacci stretto
 perché mai cantar s'ascolta?
 Perché spera un'altra volta
 di tornare in libertà.
 
    Nel conflitto sanguinoso
635quel guerrier perché non geme?
 Perché gode colla speme
 quel riposo che non ha. (Parte)
 
 SCENA V
 
 DIDONE con foglio, OSMIDA
 
 DIDONE
 Già so che si nasconde
 de' Mori il re sotto il mentito Arbace.
640Ma sia qual più gli piace, egli m'offese
 e senz'altra dimora
 o suddito o sovrano io vuo' che mora.
 OSMIDA
 Sempre in me de' tuoi cenni
 il più fedele esecutor vedrai.
 DIDONE
645Premio avrà la tua fede.
 OSMIDA
 Eh qual premio o regina? Adopro invano
 per te fede e valore.
 Occupa solo Enea tutto il tuo core.
 DIDONE
 Taci, non rammentar quel nome odiato.
650È un perfido e un ingrato,
 è un'alma senza legge e senza fede.
 Contro me stessa ho sdegno
 perché finor l'amai.
 OSMIDA
 Se lo torni a mirar ti placherai.
 DIDONE
655Ritornarlo a mirar! Per finch'io viva
 mai più non mi vedrà quell'alma rea.
 
 SCENA VI
 
 SELENE e detti
 
 SELENE
 Teco vorrebbe Enea
 parlar, se gliel concedi.
 DIDONE
 Enea! Dov'è?
 SELENE
                            Qui presso
660che sospira il piacer di rimirarti.
 DIDONE
 Temerario! Che venga. Osmida parti.
 OSMIDA
 Io non tel dissi? Enea (Parte Selene)
 tutta del cor la libertà t'invola.
 DIDONE
 Non tormentarmi più, lasciami sola. (Parte Osmida)
 
 SCENA VII
 
 DIDONE ed ENEA
 
 DIDONE
665Come! Ancor non partisti? Adorna ancora
 questi barbari lidi il grand'Enea
 e pur io mi credea
 che già varcato il mar d'Italia in seno
 in trionfo traessi
670popoli debellati e regi oppressi.
 ENEA
 Quest'amara favella
 mal conviene al tuo cor bella reina.
 Del tuo, dell'onor mio
 sollecito ne vengo. Io so che vuoi
675del moro il fiero orgoglio
 con la morte punir.
 DIDONE
                                      E questo è il foglio.
 ENEA
 La gloria non consente
 ch'io vendichi in tal guisa i torti miei.
 Se per me lo condanni...
 DIDONE
680Condannarlo per te! Troppo t'inganni.
 Passò quel tempo Enea
 che Dido a te pensò! Spenta è la face,
 è sciolta la catena
 e del tuo nome or mi rammento appena.
 ENEA
685Sappi che re de' Mori
 è l'orator fallace.
 DIDONE
 Io non so qual ei sia, lo credo Arbace.
 ENEA
 Oh dio, con la sua morte
 tutta contro di te l'Africa irriti.
 DIDONE
690Consigli non desio,
 tu provedi al tuo regno, io penso al mio.
 Senza di te finor leggi dettai,
 sorger senza di te Cartago io vidi.
 Felice me, se mai
695tu non giungevi ingrato a questi lidi.
 ENEA
 Se sprezzi il tuo periglio
 donalo a me, grazia per lui ti chieggio.
 DIDONE
 Sì, veramente io deggio
 il mio regno e me stessa al tuo gran merto.
700A sì fedele amante,
 ad eroe sì pietoso, a' giusti prieghi
 di tanto intercessor nulla si nieghi.
 Inumano, tiranno, è forse questo
 l'ultimo dì che rimirar mi dei,
705vieni sugli occhi miei,
 sol d'Arbace mi parli e me non curi.
 T'avessi pur veduto
 d'una lagrima sola umido il ciglio.
 Uno sguardo, un sospiro,
710un segno di pietade in te non trovo.
 E poi grazie mi chiedi?
 Per tanti oltraggi ho da premiarti ancora?
 Perché tu lo vuoi salvo, io vuo' che mora. (Sottoscrive il foglio)
 ENEA
 Idol mio, che pur sei
715ad onta del destin l'idolo mio,
 che posso dir, che giova
 rinovar co' sospiri il tuo dolore?
 Ah se per me nel core
 qualche tenero affetto avesti mai
720placa il tuo sdegno e rasserena i rai.
 Quell'Enea tel domanda
 che tuo cor, che tuo bene un dì chiamasti,
 quel che finora amasti
 più della vita tua, più del tuo soglio,
725quello...
 DIDONE
                  Basta, vincesti, eccoti il foglio.
 Vedi quanto t'adoro ancora ingrato.
 Con un tuo sguardo solo
 mi togli ogni difesa e mi disarmi.
 Ed hai cor di tradirmi? E puoi lasciarmi?
 
730   Se vuoi ch'io mora
 mio dolce amore
 eccoti il seno,
 passami il core
 ma non lasciarmi
735senza di te.
 
    Da quella mano
 s'io son ferita
 non è tormento
 perder la vita,
740non ha la morte
 terror per me. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 ENEA, poi IARBA
 
 ENEA
 Io sento vacillar la mia costanza
 a tanto amore appresso
 e mentre salvo altrui perdo me stesso.
 IARBA
745Che fa l'invitto Enea? Gli veggo ancora
 del passato timore i segni in volto.
 ENEA
 Iarba da' lacci è sciolto!
 Chi ti diè libertà?
 IARBA
                                    Permette Osmida
 che per entro la regia io mi raggiri
750ma vuol ch'io vada errando
 per sicurezza tua senza il mio brando.
 ENEA
 Così tradisce Osmida
 il comando real?
 IARBA
                                 Dimmi, che temi?
 Ch'io m'involi al castigo o a queste mura?
755Troppo vi resterò per tua sventura.
 ENEA
 La tua sorte presente
 è degna di pietà, non di timore.
 IARBA
 Risparmia al tuo gran core
 questa inutil pietà. So che a mio danno
760della regina irriti i sdegni insani.
 Solo in tal guisa sanno
 gli oltraggi vendicar gli eroi troiani.
 ENEA
 Leggi. La regal donna in questo foglio
 la tua morte segnò di propria mano.
765S'Enea fosse africano
 Iarba estinto saria. Prendi ed impara
 barbaro discortese
 come vendica Enea le proprie offese. (Lacera il foglio della sentenza)
 
    Vedi nel mio perdono
770perfido traditor
 quel generoso cor
 che tu non hai.
 
    Vedilo e dimmi poi
 se gli africani eroi
775tanta virtù nel seno
 ebbero mai. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 IARBA, poi OSMIDA
 
 IARBA
 Così strane venture io non intendo!
 OSMIDA
 Signor ove ten vai?
 Nelle mie stanze ascoso
780per tuo, per mio riposo io ti lasciai.
 IARBA
 Ma fino al tuo ritorno
 tolerar quel soggiorno io non potei.
 OSMIDA
 In periglio tu sei, che se Didone
 libero errar ti vede
785temerà di mia fede.
 IARBA
                                       A tale ogetto
 disarmato io men vo fin che non giunga
 l'amico stuol che a vendicarmi affretto.
 OSMIDA
 Va' pur ma ti rammenta
 ch'io sol per tua cagione...
 IARBA
790Fost'infido a Didone.
 OSMIDA
 E che tu per mercede...
 IARBA
 So qual premio si debba alla tua fede. (Parte)
 
 SCENA X
 
 OSMIDA
 
 OSMIDA
 A ragione infedele
 con Didone son io. Così punisco
795l'ingiustizia di lei che mai non diede
 un premio alla mia fede.
 Mi rimprovera invano
 quel resto di virtù che al cor favella.
 La speranza d'un trono è troppo bella.
 
800   Son quest'idoli vani
 di gloria e di virtù
 nomi di servitù
 che il volgo adora.
 
    Ma poi quel volgo istesso
805dalla potenza oppresso
 nel giudicar s'inganna
 e quel che in sé condanna
 in altri onora. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 Atrio.
 
 ENEA, poi ARASPE
 
 ENEA
 Fra il dovere e l'affetto
810ancor dubbioso in petto ondeggia il core.
 Purtroppo il mio valore
 all'impero servì d'un bel sembiante.
 Ah una volta l'eroe vinca l'amante.
 ARASPE
 Di te finora in traccia
815scorsi la regia.
 ENEA
                             Amico
 vieni fra queste braccia.
 ARASPE
 Allontanati Enea, son tuo nemico. (Snuda la spada)
 Snuda snuda quel ferro,
 guerra con te, non amicizia io voglio.
 ENEA
820Tu di Iarba all'orgoglio
 prima m'involi e poi
 guerra mi chiedi ed amistà non vuoi?
 ARASPE
 T'inganni. Allor difesi
 la gloria del mio re, non la tua vita.
825Con più nobil ferita
 rendergli a me s'aspetta
 quella che tolsi a lui giusta vendetta.
 ENEA
 Enea stringer l'acciaro
 contro il suo difensor!
 ARASPE
                                           Olà, che tardi?
 ENEA
830La mia vita è tuo dono,
 prendila pur se vuoi, contento io sono.
 Ma ch'io debba a tuo danno armar la mano
 generoso guerrier lo speri invano.
 ARASPE
 Se non impugni il brando
835a ragion ti dirò codardo e vile.
 ENEA
 Questa ad un cor virile
 vergognosa minaccia Enea non soffre.
 Ecco per sodisfarti io snudo il ferro.
 Ma prima i sensi miei
840odan gli uomini tutti e tutti i dei.
 Io son d'Araspe amico,
 io debbo la mia vita al suo valore;
 ad onta del mio core
 discendo al gran cimento
845di codardia tacciato
 e per non esser vil mi rendo ingrato. (Cominciano a battersi)
 
 SCENA XII
 
 SELENE e detti
 
 SELENE
 Tanto ardir nella regia? Olà fermate.
 Così mi serbi fé? Così difendi
 Araspe traditor d'Enea la vita?
 ENEA
850No principessa. Araspe
 non ha di tradimenti il cor capace.
 SELENE
 Chi di Iarba è seguace
 esser fido non può.
 ARASPE
                                      Bella Selene
 puoi tu sola avanzarti
855a tacciarmi così.
 SELENE
                                 T'accheta e parti.
 ARASPE
 
    Tacerò, se tu lo brami,
 ma fai torto alla mia fede
 se mi chiami traditor.
 
    Porterò lontano il piede
860ma placati i sdegni tuoi
 so che poi n'avrai rossor. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 ENEA e SELENE
 
 ENEA
 Allor che Araspe a provocar mi venne
 del suo signor sostenne
 le ragioni con me; la sua virtude
865se condannar pretendi,
 troppo quel core ingiustamente offendi.
 SELENE
 Ah generoso Enea
 non fidarti così. D'Osmida ancora
 all'amistà tu credi e pur t'inganna.
 ENEA
870Lo so, ma come Osmida
 non serba Araspe in seno anima infida.
 SELENE
 Sia qual ei vuole Araspe; or non è tempo
 di favellar di lui. Brama Didone
 teco parlar.
 ENEA
                        Poc'anzi
875dal suo real soggiorno io trassi il piede.
 Se di nuovo mi chiede
 ch'io resti in quest'arena
 invan si accrescerà la nostra pena.
 SELENE
 Oh dio, se non l'ascolti
880tu sei troppo inumano.
 ENEA
 L'ascolterò ma l'ascoltarla è vano.
 
    Non cede all'austro irato
 né teme allor che freme
 il turbine sdegnato
885quel monte che sublime
 le cime inalza al ciel.
 
    Costante ad ogni oltraggio
 sempre la fronte avvezza,
 disprezza il caldo raggio,
890non cura il freddo giel. (Parte)
 
 SCENA XIV
 
 SELENE
 
 SELENE
 Chi udì, chi vide mai
 del mio più strano amor, sorte più ria.
 Taccio la fiamma mia
 e vicina al mio bene
895so scoprirgli l'altrui, non le mie pene.
 
    Veggio la sponda,
 sospiro il lido
 e pur dall'onda
 fuggir non so.
 
900   Se il mio dolore
 scoprir diffido,
 pietoso amore,
 che mai farò. (Parte)
 
 SCENA XV
 
 Gabinetto con sedie.
 
 DIDONE, poi ENEA
 
 DIDONE
 Incerta del mio fato
905io più viver non voglio. È tempo ormai
 che per l'ultima volta Enea si tenti.
 Se dirgli i miei tormenti,
 se la pietà non giova,
 faccia la gelosia l'ultima prova.
 ENEA
910Ad ascoltar di nuovo
 i rimproveri tuoi vengo o regina.
 So che vuoi dirmi ingrato,
 perfido, mancator, spergiuro, indegno.
 Chiamami come vuoi, sfoga il tuo sdegno.
 DIDONE
915No, sdegnata io non sono. Infido, ingrato,
 perfido, mancator più non ti chiamo.
 Rammentarti non bramo i nostri ardori,
 da te chiedo consigli e non amori.
 Siedi. (Siedono)
 ENEA
                (Che mai dirà).
 DIDONE
                                               Già vedi Enea
920che fra nemici è il mio nascente impero.
 Sprezzai finora, è vero,
 le minaccie e 'l furor; ma Iarba offeso
 quando priva sarò del tuo sostegno
 mi torrà per vendetta e vita e regno.
925In così dubbia sorte
 ogni rimedio è vano.
 Deggio incontrar la morte
 o al superbo african porger la mano.
 L'uno e l'altro mi spiace e son confusa.
930Alfin femina e sola,
 lungi dal patrio ciel perdo il coraggio.
 E non è meraviglia
 s'io risolver non so; tu mi consiglia.
 ENEA
 Dunque fuor che la morte
935o il funesto imeneo,
 trovar non si potria scampo migliore?
 DIDONE
 V'era purtroppo.
 ENEA
                                  E quale?
 DIDONE
 Se non sdegnava Enea d'esser mio sposo
 l'Africa avrei veduta
940dall'arabico seno al mar d'Atlante
 in Cartago adorar la sua regnante.
 E di Troia e di Tiro
 rinovar si potea... Ma che ragiono
 l'impossibil mi fingo e folle io sono.
945Dimmi, che far degg'io? Con alma forte
 come vuoi sceglierò Iarba o la morte.
 ENEA
 Iarba o la morte! E consigliarti io deggio?
 Colei che tanto adoro
 all'odiato rival vedere in braccio?
950Colei...
 DIDONE
                Se tanta pena
 trovi nelle mie nozze, io le ricuso.
 Ma per tormi agl'insulti
 necessario è il morir. Stringi quel brando,
 svena la tua fedele;
955è pietà con Didone esser crudele.
 ENEA
 Ch'io ti sveni? Ah più tosto
 cada sopra di me del ciel lo sdegno.
 Prima scemin gli dei
 per accrescer tuoi giorni i giorni miei.
 DIDONE
960Dunque a Iarba mi dono, olà? (Esce un paggio)
 ENEA
                                                          Deh ferma.
 Troppo oh dio per mia pena
 sollecita tu sei.
 DIDONE
                              Dunque mi svena.
 ENEA
 No, si ceda al destino, a Iarba stendi
 la tua destra real. Di pace priva
965resti l'alma d'Enea pur che tu viva.
 DIDONE
 Giacché d'altri mi brami
 appagarti saprò. Iarba si chiami.
 Vedi quanto son io (Parte il paggio e un altro porta da sedere per Iarba)
 ubbidiente a te.
 ENEA
                                Regina addio. (Si levano da sedere)
 DIDONE
970Dove dove? T'arresta.
 Del felice imeneo
 ti voglio spettatore.
 (Resister non potrà).
 ENEA
                                         (Costanza o core!)
 
 SCENA XVI
 
 IARBA senza spada e detti
 
 IARBA
 Didone a che mi chiedi?
975Sei folle se mi credi
 dall'ira tua, da tue minacce oppresso.
 Non si cangia il mio cor, sempre è l'istesso.
 ENEA
 (Che arroganza!)
 DIDONE
                                  Deh placa
 il tuo sdegno o signor. Tu col tacermi
980il tuo grado e il tuo nome
 a gran rischio esponesti il tuo decoro.
 Ed io... Ma qui t'assidi
 e con placido volto
 ascolta i sensi miei.
 IARBA
                                       Parla, t'ascolto. (Siedono Iarba e Didone)
 ENEA
985Permettimi che ormai... (In atto di partire)
 DIDONE
                                                Fermati e siedi. (Ad Enea)
 Troppo lunghe non fian le tue dimore.
 (Resister non potrà).
 ENEA
                                         (Costanza o core). (Siede)
 IARBA
 Eh vada. Allor che teco
 Iarba soggiorna ha da partir costui.
 ENEA
990(Ed io lo soffro!)
 DIDONE
                                 In lui
 invece d'un rival trovi un amico.
 Ei sempre a tuo favore
 meco parlò. Per suo consiglio io t'amo,
 se credi menzognero
995il labro mio, dillo tu stesso. (Ad Enea)
 ENEA
                                                    È vero.
 IARBA
 Dunque nel re de' Mori
 altro merto non v'è che un suo consiglio?
 DIDONE
 No, Iarba, in te mi piace
 quel regio ardir che ti conosco in volto.
1000Amo quel cor sì forte
 sprezzator de' perigli e della morte.
 E se il ciel mi destina
 tua compagna e tua sposa...
 ENEA
                                                    Addio regina. (Si alza)
 Basta che fin ad ora
1005t'abbia ubbidito Enea.
 DIDONE
                                            Non basta ancora.
 Siedi per un momento.
 (Comincia a vacillar).
 ENEA
                                          (Questo è tormento!) (Enea torna a sedere)
 IARBA
 Troppo tardi o Didone
 conosci il tuo dover. Ma pure io voglio
1010donar gli oltraggi miei
 tutti alla tua beltà.
 ENEA
                                    (Che pena o dei!)
 IARBA
 In pegno di tua fede
 dammi dunque la destra.
 DIDONE
                                                 Io son contenta.
 A più gradito laccio amor pietoso
1015stringer non mi potea.
 ENEA
 Più soffrir non si può. (Si leva agitato)
 DIDONE
                                            Qual ira Enea?
 ENEA
 Ma che vuoi? Non ti basta
 quanto finor soffrì la mia costanza?
 DIDONE
 Eh taci.
 ENEA
                  Che tacer, tacqui abbastanza.
1020Vuoi darti al mio rivale,
 brami che tel consigli,
 tutto faccio per te, che più vorresti?
 Ch'io ti vedessi ancor fra le sue braccia?
 Dimmi che mi vuoi morto e non ch'io taccia.
 DIDONE
1025Odi; a torto ti sdegni. (Si alza Didone)
 Sai che per ubbidirti...
 ENEA
                                            Intendo, intendo.
 Io sono il traditor, son io l'ingrato,
 tu sei quella fedele
 che per me perderebbe e vita e soglio.
1030Ma tanta fedeltà veder non voglio. (Parte)
 
 SCENA XVII
 
 DIDONE e IARBA
 
 DIDONE
 Senti.
 IARBA
               Lascia che parta. (S’alza Iarba)
 DIDONE
                                                I sdegni suoi
 a me giova placar.
 IARBA
                                    Di che paventi?
 Dammi la destra e mia
 di vendicarti poi la cura sia.
 DIDONE
1035D'imenei non è tempo.
 IARBA
 Perché?
 DIDONE
                  Più non cercar.
 IARBA
                                                Saperlo io bramo.
 DIDONE
 Già che voi, tel dirò. Perché non t'amo,
 perché mai non piacesti agli occhi miei,
 perché odioso mi sei, perché mi piace
1040più che Iarba fedele Enea fallace.
 IARBA
 Dunque perfida io sono
 un ogetto di riso agli occhi tuoi?
 Ma sai chi Iarba sia?
 Sai con chi ti cimenti?
 DIDONE
1045So che un barbaro sei né mi spaventi.
 IARBA
 
    Chiamami pur così.
 Forse pentita un dì
 pietà mi chiederai
 ma non l'avrai da me.
 
1050   Quel barbaro che sprezzi
 non placheranno i vezzi.
 Né soffrirà l'inganno
 quel barbaro da te. (Parte)
 
 SCENA XVIII
 
 DIDONE
 
 DIDONE
 E pure in mezzo all'ire
1055trova pace il mio cor. Iarba non temo,
 mi piace Enea sdegnato ed amo in lui
 come effetti d'amor gli sdegni sui.
 Chi sa. Pietosi numi
 rammentatevi almeno
1060che foste amanti un dì come son io.
 Ed abbia il vostro cor pietà del mio.
 
    Va lusingando amore
 il credulo mio core,
 gli dice: «Sei felice»
1065ma non sarà così.
 
    Per poco mi consolo
 ma più crudele io sento
 poi ritornar quel duolo
 che sol per un momento
1070dall'alma si partì.
 
 Fine dell’atto secondo